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Come le popolazioni andine e tibetane sfidano l’alta quota: un’analisi genetica rivela i segreti dell’adattamento

Uno studio dell'Università di Bologna svela i meccanismi genetici che permettono alle popolazioni andine e tibetane di prosperare in ambienti con scarsità di ossigeno, aprendo nuove prospettive per la salute e la medicina.
  • Uno studio dell'Università di Bologna ha analizzato i genomi di oltre 150 individui delle etnie Aymara, Quechua e Uros, residenti attorno al lago Titicaca a 3.800 metri di altitudine.
  • La ricerca ha identificato varianti geniche legate alla formazione di nuovi vasi sanguigni nella placenta, migliorando l'ossigenazione dei tessuti e riducendo il rischio di insufficiente sviluppo fetale, una delle principali cause di mortalità neonatale tra le popolazioni non adattate all'ipossia.
  • A differenza di altre caratteristiche umane, gli adattamenti all'altitudine elevata esercitano la loro azione con la stessa intensità in ogni gruppo umano, a prescindere dal contesto geografico o socioculturale in cui si trovano.

L’adattamento genetico alla scarsità di ossigeno in alta quota si configura come una delle sfide evolutive più complesse e avvincenti per la specie umana. Ricerche recenti, in particolare quelle condotte dall’Università di Bologna, hanno illuminato i meccanismi attraverso i quali le popolazioni che abitano ambienti montani estremi, come le Ande e l’Himalaya, sono riuscite a prosperare.

Convergenza evolutiva: un parallelismo biologico tra Ande e Himalaya

Lo studio dell’Università di Bologna, pubblicato su Communications Biology, ha analizzato i genomi di più di 150 individui appartenenti alle etnie Aymara, Quechua e Uros, residenti nei territori circostanti il lago Titicaca, situato a ben 3.800 metri di altitudine tra Perù e Bolivia. L’obiettivo principale era quello di identificare i geni responsabili dei tratti biologici sviluppati da queste popolazioni in risposta allo stress ipossico, ovvero alla carenza di ossigeno tipica delle alte quote.
Le analisi hanno dimostrato che la pressione selettiva naturale ha favorito la diffusione di gruppi di varianti geniche, prevalentemente legate alla formazione di nuovi vasi sanguigni durante lo sviluppo della placenta e nelle prime fasi embrionali. Questo processo, cruciale per garantire un adeguato apporto di sangue dalla madre all’embrione, si traduce in una migliore ossigenazione dei tessuti, riducendo considerevolmente il rischio di un insufficiente sviluppo fetale, una delle principali cause di mortalità neonatale tra le popolazioni non adattate all’ipossia.

È interessante notare come le popolazioni sherpa del Tibet abbiano sviluppato caratteristiche simili, un fenomeno noto come “convergenza evolutiva”. Questo termine si riferisce all’evoluzione indipendente di adattamenti simili in specie o popolazioni diverse, in risposta a condizioni ambientali analoghe. In altre parole, pur non condividendo un antenato comune, le popolazioni andine e tibetane hanno trovato soluzioni biologiche simili per affrontare la sfida dell’alta quota.

Le basi genetiche dell’adattamento: un mosaico complesso

Nonostante la convergenza evolutiva a livello fenotipico (cioè delle caratteristiche osservabili), le basi genetiche di questi adattamenti non sono sempre identiche. Come spiega Marco Sazzini, docente dell’Università di Bologna e coordinatore dello studio, l’indagine ha permesso di identificare varianti genetiche che, prese singolarmente, avrebbero un impatto funzionale modesto, ma che combinate tra loro concorrono a modificare sensibilmente uno specifico tratto biologico.

Questo suggerisce che l’adattamento all’alta quota è un processo complesso, che coinvolge l’interazione di molteplici geni e fattori ambientali. *La ricerca ha altresì mostrato che, a differenza di altre caratteristiche umane, come la colorazione della pelle, che possono subire l’influenza di elementi culturali e contestuali, gli adattamenti all’altitudine elevata esercitano la loro azione con la stessa intensità in ogni gruppo umano, a prescindere dal contesto geografico o socioculturale in cui si trovano.*

Implicazioni per la salute e la medicina

Lo studio dell’Università di Bologna non solo fornisce importanti informazioni sull’evoluzione umana, ma ha anche implicazioni significative per la salute e la medicina. Comprendere i meccanismi genetici che permettono alle popolazioni andine e tibetane di vivere ad alta quota potrebbe portare allo sviluppo di nuove terapie per patologie legate all’ipossia, come l’edema polmonare e l’ipertensione polmonare.

Inoltre, la ricerca potrebbe contribuire a migliorare la salute delle donne in gravidanza che vivono ad alta quota, riducendo il rischio di complicanze e mortalità neonatale. La conoscenza dei geni coinvolti nell’adattamento all’ipossia potrebbe anche essere utilizzata per sviluppare strategie di prevenzione e trattamento per persone che si trasferiscono ad alta quota o che praticano attività sportive in ambienti montani estremi.

Un futuro di ricerca e scoperta

La ricerca sull’adattamento genetico all’alta quota è un campo in continua evoluzione. Gli scienziati stanno ancora cercando di comprendere appieno la complessità dei meccanismi coinvolti e di identificare tutti i geni che contribuiscono a questo processo.

Studi futuri potrebbero concentrarsi sull’analisi di un numero ancora maggiore di individui appartenenti a diverse popolazioni montane, al fine di ottenere un quadro più completo della diversità genetica e delle strategie adattative utilizzate dall’umanità per affrontare la sfida dell’alta quota.

Oltre le vette: una riflessione sull’adattamento umano

L’adattamento all’alta quota è un esempio straordinario della capacità dell’uomo di adattarsi a condizioni ambientali estreme. Ci dimostra che l’evoluzione non è solo un processo lento e graduale, ma può anche avvenire in tempi relativamente brevi, in risposta a pressioni selettive intense.
Questo studio ci invita a riflettere sulla nostra vulnerabilità e sulla nostra resilienza. Siamo creature fragili, dipendenti dall’ossigeno per la nostra sopravvivenza, ma siamo anche capaci di adattamenti sorprendenti, che ci permettono di vivere e prosperare in ambienti che sembrerebbero inospitali.

L’adattamento all’alta quota ci ricorda che la diversità genetica è una risorsa preziosa, che ci permette di affrontare le sfide del futuro e di adattarci a un mondo in continuo cambiamento.

E qui, cari lettori, vorrei condividere con voi una riflessione. Quando parliamo di montagna e alpinismo, spesso ci concentriamo sulla performance, sulla conquista della vetta, sulla sfida fisica. Ma dietro ogni impresa, dietro ogni passo compiuto ad alta quota, c’è una storia di adattamento, di resilienza, di una profonda connessione tra l’uomo e l’ambiente.

Una nozione base di notizie e approfondimenti su montagna e alpinismo che si lega a questo tema è che l’acclimatamento è fondamentale per prevenire il mal di montagna. Salire gradualmente di quota permette al corpo di adattarsi alla minore pressione parziale dell’ossigeno.
Una nozione più avanzata è che esistono farmaci, come l’acetazolamide, che possono aiutare ad accelerare l’acclimatamento e a prevenire il mal di montagna, ma il loro uso deve essere sempre supervisionato da un medico.

Vi invito a guardare la montagna non solo come un luogo di sfida, ma anche come un laboratorio naturale, dove possiamo imparare molto sull’evoluzione umana e sulla nostra capacità di adattamento. E magari, la prossima volta che vi troverete ad ammirare una vetta innevata, pensate a tutte le generazioni di uomini e donne che hanno vissuto e prosperato in quei luoghi, grazie alla loro straordinaria capacità di adattamento.


Articolo e immagini generati dall’AI, senza interventi da parte dell’essere umano. Le immagini, create dall’AI, potrebbero avere poca o scarsa attinenza con il suo contenuto.(scopri di più)
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